Troppo piena

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Ho appena saputo che Elena è morta. Si è suicidata, avvelenandosi, nella sua casetta sull’Adriatico, dove si era rinchiusa ben prima del coronavirus, perché – mi aveva detto nel corso della nostra ultima telefonata – “sono troppo piena”.

In che senso? le avevo chiesto. “Ho vissuto a lungo, per 50 anni. Ho conosciuto, da bambina, la felicità nei boschi vicino al mio paese sull’Appennino. Mi sono laureata, facendo la fame, in una facoltà di quasi solo maschi. Ho avuto tre uomini e tra loro un grande amore appassionato, troppo impegnativo per poter durare. Ho insegnato per 25 anni, vivendo ‘al massimo’ (vedi Vasco) tra ragazzi ribelli e femmine vanesie, tirando fuori ogni anno 3-4 talenti ignoti e tanta emozione per me. Ho tante amiche e pochi amici maschi, dolci e tremebondi. Ho ben vissuto, con l’aiuto di cinema e letture, qualche viaggio, sogni nel cassetto”.

E allora? le ho chiesto. “Allora mi sono ritirata da tutto e forse la farò finita”. Non le avevo creduto. Ma cos’è che ti fa star male? “Sono piena. Piena di bei ricordi di vita vissuta. Piena di pensieri e di emozioni. Piena: dentro di me non ci sta più nulla”.

Elena si è uccisa senza lasciare alcun messaggio. Io so perché: non era vuota, la misura della vita le è sembrata colma.

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