Ma lo chiamavan Drago

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Qualcuno ricorda la vecchia canzone di Giorgio Gaber su Cerutti Gino? Racconta di un piccolo delinquente della periferia milanese, non tanto furbo ma definito Drago, tanto che si fa arrestare dalla polizia, per poi tornare al suo bar abituale.

Le parole mi hanno evocato Mario Draghi, che certo nulla ha a che fare con la micro-criminalità dei sobborghi. Eppure tutti, come per il Cerruti Gino, lo chiaman Drago senza che – per ora – nulla si sia notato di diverso dal Conte 2, se non per qualche piccolo fatto di stile e alcune telefonate con potenti (?) d’Europa e delle multinazionali farmaceutiche.

Senza dubbio dobbiamo dar tempo al probabile successore di Mattarella, ma colpisce che l’unica vera novità sia il silenziamento del dibattito politico, pur in precedenza spesso becero e deplorevole.

Con le sole eccezioni della fascista Meloni e della piccola ma ammirevole Sinistra Italiana di Fratoianni, la nostra ‘guerra civile ad alta intensità di parole’ è diventata magicamente – grazie al servilismo di quasi tutti i media – un rumorino di fondo quasi inudibile.

Il Drago non sputa fiamme minacciose ma emette dalla bocca una specie di etere, di gas addormentante. L’unico suo miracolo è il passaggio dalle risse da cortile, care ai polli di destra e ai 5 Stelle, al silenzio dei cimiteri (forse per i quasi 120mila morti da Covid, di cui circa la metà evitabili perché frutto dell’ignavia della nostra sedicente classe dirigente).

Il Drago tace e, quando parla, non dice niente (vedi le sue cosiddette conferenze-stampa). Ma fa tacere il conflitto democratico, sociale e politico: induce un coma artificiale generalizzato. Per salvare il paziente, si dice.

Speriamo bene. Vedremo al risveglio…

 

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