L’occhio della mosca

Tempo di lettura: 1 min

Si dice che le mosche abbiano occhi che permettono di vedere a 360 gradi. Noi umani no: abbiamo un arco visivo ben più limitato e siamo abituati a inquadrare solo una parte della realtà che ci circonda.

È un peccato, come mostra l’immagine qui sopra, che ritrae un uomo che guarda con attenzione un fiorellino in fondo a un dirupo. Lo immaginiamo ammirato e stupito. Eppure dietro a lui, ben più vicini e accessibili, ci sono altri fiorellini, ben più numerosi. Basterebbe che si voltasse per scoprirli, ma non lo fa: non ha occhi da mosca e non è uso a guardarsi in giro.

Perchè dico tutto ciò? Per tre motivi. Il primo è che la realtà è più ricca e vasta di quel che osserviamo col nostro sguardo pigro.

Il secondo motivo ha a che fare col diffuso deficit di curiosità, che fa sì che noi interagiamo solo con quel che il caso o le autorità o gli algoritmi ci pongono davanti.

Il terzo rinvia alla rivoluzione, al mutamento cercato: spesso, come diceva Marx, per vivere in modo pieno e per cambiare il mondo non dobbiamo guardare molto lontano o credere ai giochi di prestigio del potere (quelli che i suoi contemporanei chiamavano – in italiano – trucchi da prestidigitatori): basta, come suggeriva il saggio di Treviri, che guardiamo con attenzione alla minuta realtà vicina, muovendo lo sguardo. In minimis omnia.

 

 

Credits: Raffael Blumenberg

Un commento su “L’occhio della mosca”

Lascia un commento