È morto improvvisamente, poco tempo fa, Giorgio Galli, un intellettuale da molti anni al di fuori del ‘mainstream’, dopo il successo del suo “Il bipartitismo imperfetto”, edito dal Mulino nel 1967.
Ho lavorato con lui tra il 1968 e il 1973 e poi non l’ho mai perso di vista. Ora desidero ricordarlo, in modo un po’ diverso dalle necrologie che hanno seguito alla sua scomparsa.
Galli, malgrado i molti anni alla Statale di Milano quale docente di Storia delle dottrine politiche, non è mai stato un accademico tradizionale, né è appartenuto a gruppi politici istituzionalizzati. Giorgio, in effetti, pur conoscendo tutto e tutti, era un lupo solitario. Non per timidezza ma per una fortissima curiosità, che gli impediva apparentamenti rigidi. Tale fascinazione per l’ignoto, tale spinta a considerare sempre “the other side of the moon” lo portavano a non accreditare le tesi ufficiali, le ‘vulgatae’, ogni opinione comune.
No, Galli cercava di andare oltre, di collegare fenomeni diversi, di trovare tracce e piste originali.
Lo conferma il suo interesse per l’occulto, il segreto, la magia, la (cosiddetta) stregoneria: non solo nei suoi noti “La magia e il potere” (Lindau) e “Hitler e il nazismo magico” (Kaos edizioni).
Di più: il Nostro era un seguace del ‘paradigma indiziario’ di Carlo Ginzburg, con una pervicace attenzione appunto agli indizi, minuti ma rilevanti, che aiutano a decrittare la realtà, a spiegare fenomeni di solito letti banalmente e disgiuntamente.
Era, perciò, un rabdomante alla ricerca delle tracce più sottili, delle vene d’acqua sotterranee che servono a comprendere (proprio a prendere insieme, a connettere elementi e fattori solitamente ritenuti lontani e incompatibili).
Galli era partito con una sua “Storia del partito comunista italiano”, influenzata dalle tesi degli oppositori – bordighiani, trotzkisti e anche socialisti – della linea Gramsci-Togliatti. Poi, grazie anche alla partecipazione alle grandi ricerche di sociologia politica dell’Istituto Cattaneo, era divenuto uno dei leader del Mulino e quindi coinvolto in operazioni culturali di centro-sinistra, comprese quelle che ne hanno promosso l’arrivo in università. Ma, anche lì, restava un lupo solitario, una cane sciolto non etichettabile.
Nell’ultimo decennio, piuttosto isolato, aveva studiato la degenerazione del capitalismo della finanza speculativa, delle grandi multinazionali incontrollate, dei nuovi poteri burocratico-parassitari, dell’economia della corruzione e dello svuotamento della democrazia. Di qui una serie di volumi, editi da Kaos, dai titoli significativi: “Il golpe invisibile”, “Pasolini comunista eretico”, “Il Mein Kampf di Adolf Hitler”.
Sino all’ultimo (“L’anticapitalismo imperfetto”: di sinistra e di destra), uscito postumo, che – come di consueto – cita una miriade di testi diversissimi, di articoli di giornale, di dichiarazioni, di indizi e di sorprendenti connessioni, che delineano la tragedia della formazione economico-sociale che sta uccidendo il Pianeta o almeno la specie umana, la giustizia sociale, le stesse libertà (per alcuni decenni garantite col ‘compromesso socialdemocratico’ oggi venuto meno).
Alla fine della sua lunga vita, a mio parere, Giorgio si è palesato quale un originale comunista (“In difesa del comunismo” e di Marx, sempre edito da Kaos): in intensa cerca di un’alternativa salvifica, nascente dall’incontro tra ‘minoranze intense’ e movimenti di massa. Si è spento vicino all’amata moglie Francesca Pasini. Lo rimpiango e ne consiglio la lettura.