Un giallo: Socrate assassinato con la cicuta

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Il disprezzo per la cultura e gli intellettuali, più in generale per il pensiero critico e la ricerca piena di dubbi, è da sempre un indicatore del ‘fascismo eterno’ di cui parla Eco in un libretto riedito da La nave di Teseo: non solo del fascismo in senso stretto ma di ogni ideologia che esalta il fare (a scapito del riflettere), la semplicità (contro l’ansiogena complessità del reale), l’efficienza (confusa con l’efficacia), il disprezzo degli altri (versus l’empatia).

Niente di nuovo sotto il sole, anche se turba ritrovarsi in un mondo dove un Renzi polemizza con ‘i professoroni’, il governo attuale non sopporta i competenti e le competenze, i neo-squadristi assaltano chi persiste nell’errore di usare il cervello e il metodo scientifico.

Non mi sorprendono, so che la reazione ha una forte valenza anti-intellettuale: più di vent’anni fa scoprii – in una ricerca per l’Associazione dei piccoli editori (ricordi, Elena Salem?) – che una fetta della popolazione si vantava di non leggere mai un libro reputando i lettori a un tempo nevrotici, asociali, tristi, segaioli (sic), impotenti in senso stretto e (alla lettera) stronzi.

Ripenso al Grande Stronzo prototipico, a quel Socrate che si interrogava e interrogava, che sapeva che le domande sono più importanti delle risposte, che credeva che il dubbio e il dibattito non siano una perdita di tempo. Dicono che finì serenamente, razionalmente, eticamente. Ma non è più certo. Ora la procura della Repubblica di Roma ha riesumato questo ‘cold case’: sono emersi indizi inediti che lasciano sospettare che un quotidiano rituale pagano di natura nazifascista utilizzi la cicuta per ripetere l’omicidio del pensiero critico. Gli assassini sono noti. La pena dipende dal famoso popolo, per ora festante e dedito anche al culto dell’odiosa vedova Santippe.

Credits: Sara Bodini

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