Cambiare il cambiamento

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A proposito di changing management e d’incremento della possibilità di trovar vere gioie nel vivere, specie quando è impossibile sottrarsi ai cambiamenti, negli ultimi anni ho studiato la rilevanza dei modi con cui conosciamo la realtà e ci predisponiamo ad affrontarla. E ho verificato che lo stile cognitivo ottimale ha molte delle seguenti otto caratteristiche:

  • è profondo: riflessivo, non superficiale, capace di ‘scavare’
  • è largo: prende in considerazione dimensioni e ambiti diversi
  • è lungo: guarda in avanti e non a breve termine, è prospettico, appare connesso a progetti e sogni
  • è spontaneo: fresco, intuitivo, non iper-razionalizzante, ragionante anche ‘col cuore’, non stereotipico
  • è fluttuante: mobile, non strutturato, fluido
  • è ‘laterale’: non banale, non ripetitivo, scombinante i giochi, mutante il punto di vista, divergente, originale, creativo
  • è oppositivo: contesta le tradizioni, non adora il potere, rifugge dal conformismo, ama essere diverso, ‘contro’, dissenziente
  • è semplificatore: preferisce l’essenzialità – non il semplicismo – e la scarnificazione, non nega la complessità ma rifiuta di farsene paralizzare (per cui sceglie e gerarchizza).

In sostanza, lo stile del pensiero più utile per governare il cambiamento del cambiamento (e per aver maggiori probabilità di essere un po’ più felici) è mobile, su tre assi: quello della longitudine (avanti e indietro nel tempo); quello della latitudine (usando lo zoom per passare da stretto a largo e viceversa); quello, infine, della profondità (dall’esterno all’interno, sempre con un fecondo ‘va e vieni’).

Cercare di ripensare i propri modi di pensare può aiutare, seppur con difficoltà, a incrementare le possibilità di ‘veder meglio’ la vita.

Credits: Leo Lionni

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