Giochi di parole

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Mi piacciono i giochi di parole, specie quelli che a taluni vengono spontanei. Mi pare che a volte esplicitino verità profonde o associazioni non banali oppure persino giudizi icastici.

Negli ultimi mesi ho riso a svariate associazioni tra il cognome del presidente Usa e realtà imbarazzanti: dallo pseudo-dantesco “e del cul fece trumpetta” alla “trumpata” per indicare non il coito ma la fregatura, sino alla citazione distorta delle “trumpe dell’Apocalisse”, per non parlare del “trump- l’oile” (la tecnica pittorica che fa apparire tridimensionale una pittura bidimensionsale: con un ‘imbroglio’ alla The Donald).

Ma si può ridere anche di barzellette che prendono in giro Sherlock Holmes e i grandi investigatori razionali alla Hercule Poirot. Come quella che racconta di un viaggio in Inghilterra di tre pope russi (Lino, Luno e Lano) che vanno in un treno a carbone verso un congresso eucaristico. Sono soli in un vagone chiuso. Entrano vivi in una lunga galleria e – nel buio della fuliggine che riempe lo scompartimento – il pope Lano viene strangolato. Restano Lino e Luno, che suonano l’allarme. Treno fermo, interviene la polizia che non trova la soluzione e chiama Sherlock Holmes, che sta lì vicino. Il celebre investigatore arriva in poco tempo, dà un’occhiata alla scena del crimine e dice di sapere chi dei due pope è colpevole, senza neppure interrogarli. Dunque, chi è l’assassino? “Certamente il pope Lino” afferma sicuro il gentleman con la pipa. Perché? “Un pope l’uno non fa male a nessuno”.

Cretina ma suo modo geniale. Non come la storiella irraccontabile che dà per colpevole il pope L’ano in un delitto gay…

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