Topi eccetera

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Topo è una parola che indica l’animale, in genere oggetto di odio o schifo oppure timore, che tutti conosciamo.

A conferma della sua negatività troviamo espressioni che lo associano al furto (il topo d’albergo), alla bruttezza (un muso di topo), all’umidità sgradevole, alla timidezza seppur attiva (topo di biblioteca).

Eppure in molte favole o film d’animazione o fumetti domina il topo buono, amichevole, tenero o saggio: specie nelle versioni diminutive (topino, topolino, topetto).

Ed è straordinario che, specie in Toscana, il femminile topa indichi l’organo genitale femminile e – per estensione – una donna piacevole (una bella topa, una gran topa, una topona).

Tale ambivalenza di significati rappresenta, in qualche modo, l’ambiguità del vivere, lo scarto – spesso lieve – tra orrore e amore (a loro volta assai vicini rispettivamente a errore e umore…).

Nelle nostre esistenze spesso basta pochissimo per passare da un significato a un altro, da una condizione esistenziale a una opposta. Anche in un tempo minimo: infatti topo è definito anche ratto, cioè veloce. Se per un punto Martin perse la cappa, per una lettera si può mutare il senso della vita. Basta poco.

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