Signore e Signori

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Signore è un termine con molti significati diversissimi (si veda il Dizionario Treccani). Un tempo signore voleva dire vecchio o nobile (tra barone e patrizio) o maggiorente. Oggi vale ‘dominus’, padrone; principe, sovrano; padrone (di casa, ecc.); Dio; appellativo rispettoso usato come premessa del cognome (il signor Rossi) o della qualifica professionale (il signor avvocato, i Signori della Corte); sinonimo di ricco, benestante;  modo per rivolgersi gentilmente a uno sconosciuto maschio (scusi, signore, può dirmi l’ora?); termine generico per maschio (è venuto un signore che ti cercava); qualificazione positiva di una persona educata, raffinata, per bene (è un gran signore); di qualità (un signor vestito). Inoltre è il plurale di signora. Il mondo si divide tra chi, con tale parola, esprime fede; chi sudditanza; chi opposizione (“abbasso i signori, i padroni”); chi stima (“è un vero signore”).

Saper osservare che uso fa il nostro interlocutore di tale termine (e con quale atteggiamento: positivo o negativo) aiuta a capire in fretta se la persona è adoratrice del potere o criticamente autonoma da esso; se dà più peso ai valori etici ed estetici o a quelli materiali; se crede in Dio e – se sì – evita o no di citarlo in continuazione. Io prendo posizione: preferisco un mondo di signore (donne), ove molti maschi sono dei signori (anche se poveri) ma non signori: non dominatori, non dotati di potere indiscusso, non onorati in modo più o meno feudale.

Un esempio: quando incontrai per la prima volta Marchionne lui mi disse per primo “Sento parlare bene di Lei, Finzi”. Da allora, considerandomi suo fornitore di servizi ma non suo servo, mi rivolsi a lui sempre con espressioni tipo “Senta, Marchionne”. Mi ha sempre odiato per questo. Ma ne sono fiero.

Credits: dal web, Charlie Chaplin “City Lights” 1931 

3 commenti su “Signore e Signori”

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