Sentirsi ammirati da tutti

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Come il credersi odiati dall’universo mondo, ugualmente l’avvertire di essere applauditi e magari venerati dalla quasi totalità di chi ci conosce può rendere più ardua la connessione con se stessi, quella che a Sòno chiamiamo auto-consonanza.

Certo, è meglio sentire di essere amati che disprezzati. Ma, a ben guardare, ci capita frequentemente di ipotizzare che coloro che pensano di vivere tra gli applausi nascondano – anzitutto a sè – problemi che mirano a ignorare.

Qualche esempio. C’è chi a tutti i costi deve ritenere di venir pienamente approvato, poiché non reggerebbe ad alcuna critica destabilizzante. C’è chi vive un delirio di onnipotenza, comunque di superiorità, che pretende riconosciuta.

C’è chi in cuor suo sa bene di avere dei limiti o si colpevolizza per cose che ha detto (o non detto) oppure che ha fatto (o non fatto), e vuole credere ad ogni costo che i suoi limiti o presunti ‘crimini’ risultino invisibili.

Infine, c’è chi mente per occultare i segnali di dissenso altrui, volendo illudersi che la condivisione universale lo circondi e lo protegga (anzitutto da se stesso).

Man mano che la persona si racconta, in genere questi vissuti, positivi ma inautentici, si sciolgono: emerge allora la rasserenante convinzione di essere un individuo incompleto, imperfetto, fallace ma proprio perciò più vero. In particolare, maggiormente capace di godere dei propri genuini punti di forza: citando Testori, “un pover crist ma Crist”.

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