Potere o influenza?

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Il potere – secondo la classica definizione di Max Weber – “è la possibilità che un individuo, agendo nell’ambito di una relazione sociale, faccia valere la propria volontà anche di fronte a un’opposizione”, cioè imponga decisioni obbligatorie.

Il potere è, dunque, sempre prescrittivo, coattivo, controllante, punitivo, sanzionatorio (se il comando non viene eseguito), anche qualora sia sostenuto dal consenso.

L’influenza, invece, mira a determinare atteggiamenti e comportamenti del decisore tramite il coinvolgimento, la convinzione, l’orientamento non autoritario.

Insomma, il potere è ‘hard’, duro e potenzialmente violento, mentre l’influenza è ‘soft’, morbida, basata sulla complicità, spontanea o attivata.

Ora, la storia e la sociologia mostrano che – con poche eccezioni – per millenni il potere è stato maschile, mentre l’influenza è stata femminile: in una polarizzazione tra guerra e seduzione, tra approccio penetrativo, diretto, visibile, gerarchico – da un lato – e approccio accoglitivo, indiretto, spesso quasi invisibile, orizzontale, non articolato in scale di potere, dall’altro.

È, questa, un’alternativa tuttora vigente, confermata dalla crescente conquista del potere da parte di donne, alle quali è richiesto – per affermarsi – di omologarsi al modello maschile. Anche se, invero, cominciano a vedersi esperienze di influenze (femminili e non) che disegnano realtà comunitarie, non verticistiche, libertarie, dialogiche, autogestite, con ruoli fluidi (di servizio e non di potere).

Nella tradizione cristiana banalizzata Dio è padre (dunque maschio) ed esercita il suo potere totale sul mondo e sugli umani, mentre la Madonna è madre e a lei si ricorre affinché eserciti la sua benevola influenza sul Figlio, così come molti santi: un’influenza mediatrice e  intercedente. Il quadro di Tiziano nella basilica dei Frari a Venezia, riprodotto più sopra, mostra questa funzione dell’Assunta, che rappresenta le richieste dell’umanità dolente (in basso) e le trasmette a Dio, che è nell’alto dei cieli.

Credo (e auspico) che il futuro sarà femminile, materno, più orizzontale e meno gerarchico, fondato sul confronto tra esperienze e influenze.

E credo che anche le fedi organizzate trarranno vantaggio da un approccio meno maschile, meno di potere, più ‘dolce’. E forse anche per la Chiesa cattolica il futuro sarà più sinodale e più valorizzante le donne e la dimensione femminile dei maschi. Il che varrà, certo faticosamente, pure per l’ebraismo (a discendenza matrilineare ma con le donne nelle sinagoghe distinte nei matronei ed escluse dal rabbinato), oltre che per l’Islam, se in evoluzione rispetto al suo duro maschilismo tradizionale.

D’altra parte, papa Luciani disse che Dio è donna e certe correnti delle altre fedi abramitiche hanno espresso convinzioni consimili (il mito di Lilith…).

Forse alle donne non conviene prendere il potere (e il sacerdozio) ma estendere ancora la loro influenza e cambiare la società “femminilizzandola”. E a noi maschi conviene ‘perdere’ per guadagnare comunità migliori.

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