Nuove stimmate

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La mano è l’organo del contatto, cioè della conoscenza tattile e del saluto, dell’abbraccio, delle carezze. Oggi, nell’epoca del distanziamento fisico, la sua sensibilità – espressa dall’occhio – piange (come mostra questa illustrazione).

Non si tratta delle classiche stimmate di Gesù sulla croce, poi replicate in numerose forme di ‘imitatio Christi”. Ma, a causa del coronavirus, di nuove stimmate, fatte di lacrime e non di sangue.

Esse esprimono il dolore, spesso muto, per la perdita del contatto, di parte del linguaggio del corpo. In qualche modo, siamo costretti a rinunciare al tatto, anzi oggi dobbiamo ‘lavarci le mani’: espressione che sin qui veniva associata al non interesse e alla deresponsabilizzazione (“me ne lavo le mani”, sinonimo del “me ne frego” di fascistica memoria).

È, per molti, una mutilazione dolorosa e dolente: una sorta di accecamento, di inatteso deficit, di lutto.

Certo, col vaccino e con nuove terapie, finiremo di piangere. Ma resterà, dentro di noi, il dramma dei tanti morti e del piccolo morire anche dei salvati.

Forse, alla fine dell’incubo, avremo sentito più a fondo che anche il tatto è vista, rapporto con gli altri e con noi stessi. E chissà che non impariamo pure ad agire con più tatto: ricorrendo di più a questo senso e – insieme – essendo più dolci, delicati, gentili, carezzevoli, educati, civili.

 

Credits: dal web

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