La città futura

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A proposito del nesso tra desideri, felicità e tempo (tra utopie giovanili e memoria senile) propongo un testo illuminante di Calvino.

“All’uomo che cavalca lungamente per terreni selvatici viene desiderio d’una città. Finalmente giunge a Isidora, città dove i palazzi hanno scale a chiocciola incrostate di chiocciole marine, dove si fabbricano a regola d’arte cannocchiali e violini, dove quando il forestiero è incerto tra due donne ne incontra sempre una terza, dove le lotte dei galli degenerano in risse sanguinose tra gli scommettitori. A tutte queste cose egli pensava quando desiderava una città. Isidora è dunque la città dei suoi sogni: con una differenza. La città sognata conteneva lui giovane; a Isidora arriva in tarda età. Nella piazza c’è il muretto dei vecchi che guardano passare la gioventù; lui è seduto con loro. I desideri sono già ricordi” (‘Le città invisibili’).

C’è, però, un’altra prospettiva possibile: sognare da giovane una città futura e – pur non trovandola nel corso della propria esistenza – continuare a mantenerla come meta ideale, avvicinarsi a essa senza raggiungerla, ma tenendola fissa quale obiettivo orientatore.

È la speranza rivoluzionaria, sconfitta nell’ultimo secolo, ma tuttora viva, poiché resta irrisolto il problema-chiave della giustizia sociale.

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