Cambiare direzione

Tempo di lettura: 2 min

La scissione ‘a tappe’ di Renzi e di una parte dei renziani è l’ultimo atto d’un fenomeno strutturale della politica italiana: la frammentazione del mondo non fascio-leghista, che anticipa e favorisce il ritorno al proporzionale con sbarramento al 3%. Tale frammentazione è il prodotto di alcuni fattori strutturali: l’eclissi delle tradizioni comunista e socialista; l’insipienza d’un personale politico quasi interamente privo di qualità (culturale, etica, stilistica, organizzativa, soprattutto di rappresentanza di valori generali e di interessi sociali specifici); la perdita di un orizzonte di senso (inteso come direzione e significato) che si traduca in speranza motivante; l’intercambiabilità delle opzioni, matrice certa di trasformismo; l’impossibilità di contrapporre al nostro mediocre sovranismo un’altra narrazione, una diversa appassionante storia (anche favola, racconto, mito).

Certo – obiettano molti – per ora s’è bloccato Salvini, il ducetto da operetta che rischiava e rischia di prendere in mano un Paese abbandonato al suo antico reazionarismo di massa, alla coalizione dei senza speranza, degli impauriti, dei livorosi, degli sfruttati e abbandonati, degli evasori fiscali, degli schiavi senza riscatto, in una parola della plebe ignorante (chiamata popolo) che nessuno più educa per garantirne l’emancipazione.

Ma dovremmo sapere che la frammentazione a sinistra (il centro non esiste più) è un segnale di fragilità che lascia intravvedere altri disastri. E così sarà finché non si proporrà in Italia (e altrove) una prospettiva fondata su un nuovo socialismo, ossia sul rifiuto globale del capitalismo imperialistico e iper-finanziario, dilapidatore delle risorse non rinnovabili, basato sullo sfruttamento neo-schiavistico degli umani ridotti a merce e a risorse da utilizzare sottoprezzo (anche tramite Internet), passivizzante e depressivante, classista e corruttore.

Solo una opposizione radicale, ma concretamente articolata in piccoli obiettivi e battaglie, può produrre senso, reintrodurre la speranza, far crescere leader inediti. Passare dal trasformismo alla trasformazione, dall’insignificanza all’offerta di significati, dall’infelicità del disimpegno individuale al piacere dell’impegno con-diviso: ecco tre modi diversi per cambiare l’attuale pulviscolo in massa critica per rovesciare la direzione di marcia (a partire dalle donne).

3 commenti su “Cambiare direzione”

  1. Caro Enrico, anch’io sono d’accordo con le tue analisi e le tue proposte. Il problema è che vorrei fare qualcosa, individuare obiettivi e soprattutto cercare di raggiungerli, ma poi non so passare dalle belle intenzioni ai fatti. Mi sento impotente però sono aperta a suggerimenti.

  2. Caro Enrico, apprezzo l’apertura del nuovo blog aggiunto all’altro storico che a volte condivido con orgoglio sulla mia pagina Facebook. Che dire, il vizio ripetitivo di alcuni “personaggi” che vogliono ritagliarsi un angusto spazio per distinguersi, conferma la sindrome del “io sono più bravo”, “io vedo più in là”, “la mia proposta è più di base”, ecc. e via fantasticando. Purtroppo la storia seppur con toni diversi, in questo inizio di millennio sembra riproporre l’identico scenario ahimè funesto del secolo precedente. Speriamo bene e come suggerisci, vediamo ciascuno di mettere in campo le misure minime per un concreto cambiamento, qui ed ora. Nel mio piccolo ci provo, facendo resistenza alla preoccupante decadenza del tempo presente

Rispondi a Paolo Paoletti Annulla risposta