Amare, essere amato

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L’ho già raccontata qualche rara volta. Ma è una storia che merita di essere citata di nuovo.

Racconta di una ricerca demoscopica telefonica su un campione rappresentativo della popolazione 18-70enne, ‘filtrato’ in modo da escludere coloro che non si dichiaravano membri di una coppia amorosa da almeno due anni: gente, insomma, con una ‘lei’ o un ‘lui’ da un certo periodo di tempo.

La domanda cruciale era ‘aperta’, ossia non prevedeva modalità di risposte pre-fissate, appunto ‘chiuse’. E quel che si chiedeva era una cosa semplice: “Per quale motivo Lei si è messa (o messo) con lui o con lei, col Suo partner? mi dica con le Sue parole solo il principale motivo”.

La classifica stupì i ricercatori, certi che la risposta più indicata sarebbe stata “perchè lo o la amavo”: in omaggio alla cultura dell’amore romantico, che domina da tanto tempo, dopo l’era dei matrimoni combinati e/o di quelli fondati sull’interesse economico.

Neanche per sogno: largamente vincente fu la risposta “perchè mi amava”, un risultato identico a quello di numerosi altri Paesi euro-atlantici.

Questo risultato mi pare indichi tre ‘verità’. La prima è che l’amore innamora, così come la motivazione provata finisce col motivare gli altri.

La seconda ha a che fare col nostro imprescindibile bisogno di essere riconosciuti, valorizzati, amati: un bisogno più forte, sin dalla nascita, di quello – in qualche modo reattivo,  ‘di risposta’ – incentrato sull’amore.

La terza ‘verità’ è che noi temiamo che il nostro desiderio di voler bene possa restare deluso dall’Altro, mentre – se è l’Altro a desiderarci – non corriamo alcun rischio.

Forse l’amore non ci vede come sole, che illumina e scalda, ma come luna, illuminato dalla nostra stella. Il calore nella relazione viene dopo: dopo che siamo stati tratti fuori dall’ombra e quindi possiamo divenire complementari nel dare e nell’offrire un rapporto caldo, hot, persino scottante.

Un commento su “Amare, essere amato”

  1. “Amor che a nullo amato amar perdona”. Col celebre verso di Dante, la prima ‘verità’ è stata proclamata urbi et orbi nel Trecento, ma già alla fine del Duecento nel ‘Trattato d’amore’ di Andrea Cappellano figurava la regola: «L’amore non può rifiutare nulla all’amore».
    Però, però… Sarà perché sono stata giovane e più volte innamorata molti secoli dopo il Dolce Stil Novo, ma la mia esperienza personale e generazionale testimonia tutt’altra storia. A me più che una ‘verità’, questa dell’amore del soggetto trionfante sull’oggetto d’amore appare come un ‘wishful thinking’, o un’ingannevole petizione di principio, che di fatto ha contribuito a spezzare il cuore di legioni di illusi d’ambo i sessi. Forse perché i predatori e le predatrici sentimentali, ancora più pericolosi di quelli sessuali puri, sono spietati narcisisti abilissimi nel camuffarsi da trepidi amanti, per poi gettare la maschera appena la vittima ha abboccato*?
    Altro grattacapo: grazie alla ricerca che citi sappiamo come si sono create le coppie tuttora esistenti, quali meccanismi e dinamiche si sono attivati soggettivamente nella fase dell’innamoramento. Ma perché non indagare anche su cosa è successo dopo, su come sono cambiati i rapporti di forza amorosi in quelle stesse relazioni agli occhi dei loro protagonisti?

    * Andava spesso così, come in questa mia antica poesiola.

    MY PLACE OR YOURS ?

    Un sorriso o neppure
    Distratti complimenti
    Gettati come sassi
    Nella città-palude
    Nel buio del taxi
    Dietro maschere dure.

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